Le pagine che ho trovato sono carta straccia: pixel bruciati e codifiche di caratteri inesistenti. Mi ci sono avvolto la ferita, che ha smesso di sanguinare, anche se il braccio trema mentre scrivo queste ennesime parole.

Questa pagina non ha più collegamenti: non so dove mettere il prossimo passo. Brandelli di cavi rotti giacciono a terra, attaccati per un'estremità alla pagina, e se ne stanno illuminati al led bianco che mi si para davanti. Non so se riuscirò a muovermi da qui.

Sono bloccato senza più collegamenti da inseguire, tracce lasciate da punto a punto da chissà chi.

Prendo da terra i fili spezzati cercando di intravedere dov'era che puntavano, quale richiesta portavano, quale sogno rincorrevano: non c'è più nessun indizio.

Mi porto vicino il viso il cavo spezzato, osservandone nella penombra artificiale gli stralci penzolanti. Mi accorgo che dalla punta cadono scintille come quelle che ho già incontrato, scintille di luce che si spengono sulla terra secca. Lo stringo più forte, allora, e lo conficco in questa pagina che promette di non farmi andare più da nessuna parte. Lo spingo così in profondità da bruciarmi con l'elettricità che continua a passare insensata in qualcosa che non sa più parlare, la pugnalo fino a sentirne il freddo calore di cristalli liquidi colarmi sulle dita.

E, quando il cavo finalmente buca la carta, lo tiro con me fino alla prossima pagina.