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Dal suono dei miei passi, intorno, capisco che lo spazio è piccolo. Non vedo altro, tranne... una luce che sgorga in lontananza. Forse questo posto è più grande di quanto pensi.

Avvicinandomi distinguo piccoli zampilli di scintille che escono fuori da una specie di... tubo montato a terra. Esce dal pavimento, largo mezzo metro, e si curva all'altezza del mio petto. Le scintille escono fuori come una sorgente aperta e mi arrivano in faccia. Fanno il suono del metallo fuso sull'elettrodo di una saldatrice, ma è freddo. La luce sulle guance è fresca

come il vento,
la sera.


In fondo, il bagliore di luce si fa pieno e denso ma non riesco a vedere cosa ci sia.

Provo a infilare una mano mentre le scintille mi pizzicano la pelle e gli occhi.

E' talmente freddo da bruciarmi le dita, che ritraggo d'istinto, prima di accorgermene.

Mi passo l'indice sulla tempia, cercando, cercando qualcosa... gli occhiali. Io, io portavo gli occhiali, sì. Mentre tengo gli occhi spalancati sulla palla di luce scintillante li ricordo pezzo dopo pezzo: la montatura scura, il graffio sulla lente destra dopo una gita in... montagna, credo. Mi sembra che il cuore vada alla velocità degli zampilli scroscianti.

Poi la luce d'improvviso si spegne e torno al buio in cui ero già perso.

Resto a occhi aperti a toccarmi la tempia, le palpebre, la curva del naso che mi sembra così leggera.

Dal nero, poi, ritrovo la porta.